La Storia di Don Caldone

Capitolo 4

Dopo circa 15 minuti di auto e molte curve, ebbi per la prima volta la sensazione di vomito; cercai con tutte le mie forze di trattenermi, ma alla fine non ci riuscii e vomitai tutto quello che avevo mangiato poco prima.

Che gran peccato avevo tutto il mio stomachino svuotato e ora avevo più fame di prima.

Arrivati in cima a una collina, giungemmo nel paese, molto più piccolo della città dove abitavo, era la casa della nonna: una vera Reggia! A differenza delle altre abitazioni nel paese, aveva un grandissimo giardino molto imponente accanto al quale sorgeva una meravigliosa abbazia del XII secolo.

Mentre ero intento ad ammirare la casa, una grandissima porta si aprì e dietro comparve mia nonna paterna per accoglierci. Come al solito, quando mi vedeva, mi riempiva di baci!

Mi portò subito in cucina con lei e non avrei mai potuto neanche immaginare quanto fosse magnifica la tavola imbandita di specialità fatte in casa da lei! Succulenti troccoli fatti a mano che sembravano uscire da una sorta di chitarra orizzontale: appoggiava un pezzo di impasto sopra e poi con il mattarello ci andava di polso, facendo così uscire tanti spaghetti chiamati troccoli. Erano accompagnati da un sugo di polpette che aveva invaso tutta la casa con il suo delizioso profumo. Ero inebriato!

Vedendo quanto fossi attento ad ogni suo gesto e impaziente di assaggiare, dopo essersi assicurata che le polpette non fossero troppo calde, me ne porse un pezzo in modo che io potessi assaggiarlo. Non ci credevo: amavo mia nonna, ma forse amavo ancora di più le sue polpette! 

Lei vide nei miei occhi tutto il mio apprezzamento e me ne porse immediatamente una intera nel piatto. Ero stupito, così l’afferrai con la mano e spalancai la bocca cercando di inserirla, ma non ci riuscii. Lei, con un gesto veloce, riprendendola me la restituì tagliata in piccoli pezzetti. “Ho perso una buona occasione di mangiare come un grande” mi dissi senza perdermi d’animo, la prossima aprirò la bocca più forte che potrò!”.

Dopo aver impazientemente atteso i miei familiari mangiare per circa quattro ore e visto che nel mentre avevo assaggiato solo la polpetta, era arrivato il momento di trovare un modo per gustare anche i troccoli fatti in casa. Dopo aver visto e memorizzato tutta la preparazione, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di assaggiarli. Mi venne un’idea: fare lo smorfioso con mio padre, il quale, dopo avermi guardato con un sorriso innamorato, mi prese tra le sue braccia portandomi a tavola con lui.  

C’era un troccolo solitario che spuntava dal suo piatto, non era intero, purtroppo, ma era l’unico disponibile. Così ancora una volta aspettai un momento che si distraesse e con un movimento rapido, afferrai il malcapitato con la bocca e lo mangiai. Pensai:”Ci sono riuscito!”. Era la cosa più buona che avessi mai assaggiato, un sapore sorprendente, indimenticabile.

Era la pasta fresca fatta in casa dalla mia nonna e da buon italiano sapevo già che dopo quel giorno non avrei più potuto fare a meno di sua maestà la PASTA!

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