La Storia di Don Caldone

Capitolo 5

PRIMA VOLTA AL RISTORANTE 

Mio padre il giorno di San Valentino decise di portare me e mia madre nel miglior ristorante della città. Arrivati in questa grotta scavata nel tufo, ci ritrovammo all’interno di una bellissima sala, arredata con tavoli e sedie realizzati in tipico legno locale. 

In fondo alla sala una cucina a vista mi permise subito di intravedere lo chef, ero sotto charme: vestito di bianco, cappello altissimo e sempre in movimento per controllare che tutte le sue preparazioni fossero servite senza alcuna dimenticanza o imperfezione; concentrato, veloce e arrabbiato, urlava con i suoi commis di sala, io ero spaventato un po’ ma allo stesso tempo attratto dalla scena che si presentava ai miei occhi. 

Assorto in quella situazione, mi accorsi di un camino immenso con la brace pronta, nel quale pezzi di carne poggiati sulla griglia, lasciavano cadere goccioline di grasso sulla brace facendo un rumore strano ed emettendo un profumo eccellente.

C’era di tutto: salsiccia, gnemmeridd tipici involtini del posto, agnello, costate di manzo. Quell’odore mi inebriava e capii subito che nella mia vita non sarei mai stato vegetariano! La carne alla brace sprigionava un profumo indescrivibile. Volevo assaggiare tutto, così ci sedemmo e i miei ordinarono Antipasto della Casa; fummo raggiunti da una moltitudine di pietanze che arrivavano in continuazione: salumi di suino nero lucano, latticini, burratine, ricotta fiordilatte, scamorza, polpette di pane, peperoni cruschi, patate al forno. Due primi: cavatelli con funghi cardoncelli e salsiccia e un arrosto misto che non finiva mai. 

Di tutti gli antipasti ebbi la fortuna di assaggiare solo la ricotta ma ne fui ugualmente contentissimo. Il gusto del latte senza acidità, diverso da quello del seno di mia madre, aveva una testura diversa, cremosissima, un’emozione per il mio palato. Ma ancora una volta ne volevo di più!!! 

Gridavo piangendo e allungavo le braccia per cercare di acchiappare qualcosa ma mia madre era più veloce di me!! Fino a quando approfittando di un attimo di disattenzione, balzai dalle sue gambe e mi lanciai sul piatto di cavatelli e nonostante fossero ancora bollenti riuscii a metterne uno in bocca. 

Era pasta fresca, ormai ne conoscevo il gusto, anche se non perfetta come quella di mia mamma e di mia nonna, era buonissima lo stesso. Una delizia e anche se non ancora in possesso dei denti per masticare, buttai tutto giù e ancora una volta ebbi la conferma che avrei adorato la pasta per sempre!!!! Mia madre un po’ spaventata, vide con quale facilità buttavo giù i bocconi, disse: “Sei un golosone!!!”.

A fine serata il proprietario e chef del ristorante propose ai miei genitori un digestivo e mio padre me lo fece sniffare, era l’Amaro Lucano tipico di Matera fatto con un misto di erbe e il suo odore mi piacque subito anche se, non appena mi allontanai dal bicchiere mi resi conto di essere brillo a soli sei mesi! Mi misi a piangere perché ne volevo dell’altro, mi piaceva quella sensazione ma questa volta il no fu categorico.

Lo chef vedendomi triste, tornò con un mini cucchiaio di torta di ricotta e pere e dopo aver chiesto il permesso di potermene dare un po’, acconsentirono perché io pur essendo in tenera età, mangiavo già di tutto. Me ne diede e fu proprio quel giorno che assaggiai per la prima volta un dessert. Nuova sensazione, dopo il salato ci stava benissimo per concludere la serata, un po’ di zucchero. 

Cosa avevo imparato? Che in una cena che si rispetti ci vuole: antipasto, primo, secondo e per finire un bel dolce.

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